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La storia di Eleonora

Di Eleonora Nale

La mia è la storia di una bambina perfezionista ed ansiosa, cresciuta con il terrore di non essere abbastanza, con l’ossessione di dover eccellere in tutto e con la certezza di non essere mai all’altezza delle situazioni e delle aspettative altrui. È una storia di affetto e fiducia riposti in persone che non sono state in grado di amarla come avrebbe meritato. Di sguardi aridi, cattivi, incapaci di farla mai sentire nel posto giusto al momento giusto. E quegli sguardi, negli anni, sono diventati il suo sguardo, la sua voce. Una voce crudele, insaziabile, che non conosce limiti o pietà, che non permette il minimo sgarro, che non legittima la fatica, la fame, la sete. Tutto ciò che è umano ha imparato a spegnerlo, perché inaccettabile, orrendo, impronunciabile. Sporco. Una bambina, poi ragazza e poi donna che di terreno non doveva e non poteva avere nulla, il cui sogno, forse, era quello di riuscire a liberarsi dei suoi pesi per staccarsi da terra. E così iniziavano i digiuni, l’attività fisica, le compensazioni, e si accorgeva che più perdeva peso e più le sembrava di riuscire finalmente a respirare. Nella morte progressiva del corpo aveva finalmente trovato un po’ di vita, sebbene comandata da regole e paure. Poi però una realizzazione: era rimasta sola. Le persone che amava si erano allontanate, o meglio: le aveva allontanate. Perché affetto significa compagnia e compagnia significa, spesso, cibo. E lei di cibo non voleva sentir nemmeno parlare. La solitudine: forse un prezzo un po’ alto per poter respirare. Allora la terapia, i ricoveri, i farmaci, le innumerevoli visite. Una luce aveva imparato timidamente a farsi spazio nella sua mente: la magrezza non era l’unica ricetta per poter esistere. Questa luce ha un nome: Guarigione. E quella bambina ha un nome: Eleonora.

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