DCA nell’infanzia
I DISORDINI ALIMENTARI NELL’INFANZIA
L’ingresso all’asilo nido, alla scuola dell’infanzia o primaria, può costituire per i bambini un momento di grande difficoltà. Questo tipo di disagio, spesso, viene da loro nascosto o dissimulato in vari modi (selezione capillare del cibo, rifiuto totale di quest’ultimo, comportamenti alimentari compulsivi etc..).
Il sintomo che il bambino manifesta può rappresentare una richiesta d’aiuto verso gli adulti che si prendono cura di lui.
COME INTERVENIRE
Il Centro di Psicoterapia e Formazione, dopo il primo contatto telefonico con la famiglia, attiverà il terapeuta. Quest’ultimo inviterà i genitori a sostenere due colloqui di valutazione della problematica familiare.
Laddove la coppia sia coinvolta in dinamiche di separazione, sarà importante lavorare sulla non-confusione dei ruoli. La coppia dei partner può, infatti, separarsi ma quella genitoriale no.
Dopo la fase di valutazione, sarà possibile individuare uno spazio di psicoterapia per il bambino o ragazzo secondo tempi e modalità definiti. Tale spazio vedrà, inoltre, coinvolti i genitori con incontri periodici, per restituire l’idea di un progetto condiviso, in cui il sintomo “significato” potrà essere pensato e finalmente digerito.
L’ALIMENTAZIONE SELETTIVA
L’alimentazione selettiva presentata dai figli, porta i genitori a provare vissuti di frustrazione e preoccupazione connotati da ansia ed emozioni negative. Tali sensazioni, infatti, possono essere trasmesse al bambino, il quale assocerà il momento dei pasti ad un momento negativo.
Queste dinamiche possono portare a momenti di forte tensione e litigi tra i genitori e i figli, i quali possono influenzare i comportamenti alimentari di quest’ultimi.
LA SCOPERTA DEL CIBO
E’ fondamentale non utilizzare il cibo come strumento di potere per contrattare punizioni e premi, ma è importante aiutare ad avvicinare i bambini al cibo, cucinando insieme a loro e coinvolgendoli, cercando di conoscere e scoprire i loro gusti.
Anche il cibo, esattamente come tutti gli altri “oggetti” del mondo, deve essere fatto scoprire, ed il modo migliore è far sperimentare l’imitazione di buoni comportamenti attraverso una sana alimentazione dei genitori.
COSA PUO’ RAPPRESENTARE LA SCUOLA
Spesso gli adolescenti che soffrono di disturbi alimentari vivono la scuola come luogo di confronto e prestazione in cui sperimentarsi. Il controllo che esercitano sul cibo lo manifestano anche in un rigido controllo scolastico. Cercano, infatti, di mantenere i propri voti molto alti, vivendo gli insuccessi come veri e propri fallimenti. Il perfezionismo che ricercano e la continua volontà di mantenere alte le aspettattive proprie e altrui li intaccano a livello emotivo, provocando atteggiamenti di rigidità e controllo.
La scuola funge così da contenimento di queste angosce, le quali vengono manifestate sul corpo attraverso condotte sbagliate e rischiose.
IL FORTE LEGAME TRA CIBO ED EMOZIONI
Sviluppare una buona competenza emotiva nei bambini non è automatico né semplice. Spesso capita che bambini molto emotivi possano far fatica a tollerare emozioni forti e angoscianti e che riversino sul cibo certe tensioni o paure.
L’alimentazione è strettamente legata a ciò che i figli vivono nella quotidianità e, spesso, il cibo viene utilizzato come unico mezzo comunicativo per far comprendere ai genitori i propri disagi. Diventa fondamentale, dunque, cogliere i segnali e slegare il prima possibile il cibo da situazioni disfunzionali, che possono protrarsi e peggiorare nel tempo.
UN AIUTO RIVOLTO ANCHE AI GENITORI
Tutti i passaggi evolutivi, che impongono una messa in gioco e la conseguente perdita di una condizione di sicurezza, spesso rappresentano un arresto evolutivo. Per questo motivo, tali momenti vanno supportati e accolti nella loro fragilità. Anche i genitori vanno aiutati a cogliere questi segnali, per comprendere al meglio come certi fatti quotidiani possano incidere sull’emotività e la sensibilità del proprio figlio. Aiutare a mettere in parola certe sofferenze e difficoltà aiuta i bambini a non utilizzare il loro corpo come mezzo attraverso cui comunicare i propri vissuti di sofferenza.
“MAMMA DAMMI ANCORA DA MANGIARE”
I bambini che mangiano molto e che non riescono a sentire il senso di sazietà sono, spesso, bambini che vivono un’emotività molto isolata.
Sono bambini che fanno fatica ad esprimere ciò che provano o pensano, perché sono portati ad utilizzare il cibo come mezzo attraverso cui placare alcuni loro stati interni. In questo modo, sono soliti sviluppare una vera e propria relazione con il cibo, isolandosi così, in parte, dagli scambi con le persone reali. Spesso, evitano il confronto, per non mettere in discussione una pratica che li fa sentire bene nell’immediato ma che, nel tempo, causa sentimenti di vergogna e senso di inadeguatezza.
Risulta, quindi, fondamentale aiutare i giovani a manifestare i loro vissuti interni in modo differente. In questo modo, è possibile intraprendere un delicato processo di conoscenza personale e ad acquisire una sempre maggiore sicurezza interna.
LA RABBIA CHE PROVOCANO I DISTURBI ALIMENTARI
I bambini e i ragazzi affetti da DCA, spesso, hanno come emozione predominante la rabbia.
Questa emozione li caratterizza perchè in loro è presente un conflitto interno verso ciò che vogliono e ciò che si deve fare.
Sono bambini e ragazzi arrabbiati, perché si percepiscono molto legati al cibo, che diventa una vera e propria ossessione. Un’altra conseguenza importante, che ha ricadute a livello psichico e relazionale, è che tendono ad isolarsi dal mondo, non cercando momenti di spensieratezza e condivisione con i coaetanei.
Tali vissuti di rabbia e isolamento portano i genitori a sperimentare difficoltà nella gestione dei momenti di confronto su questo argomento. Per questo motivo è fondamentale trovare un luogo di ascolto e di confronto, in cui trovare strategie utili per fronteggiare tali problematiche.
IL SENSO DI ONNIPOTENZA
Quello che i disturbi alimentari provocano è un grande senso di potere e onnipotenza che, sia i bambini che gli adolescenti, esercitano sui genitori e loro stessi. Il mangiare o il non mangiare diviene, quindi, un modo per tenere i genitori in tensione. Questi ultimi, dal canto loro, si sentono messi al muro e impotenti nell’usare divieti o imposizioni, non volendo peggiorare alcuni stati emotivi dei figli.
Aiutare i giovani nel processo di accettazione dei loro limiti, rispetto ad abitudini che devono essere rispettate, provoca in loro sentimenti di tensione e conflitto. Allo stesso tempo però, attraverso questa modalità, sperimentano la presenza di qualcuno che si vuole occupare delle loro fragilità, accogliendole e affrontandole insieme.