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Sovrappeso e obesità – Intervista alla Dott.ssa Cristiana Abbafati

Intervista alla Dott.ssa Cristiana Abbafati ricercatrice dell’Università “La Sapienza” di Roma  e membro del gruppo internazionale di studiosi denominato “Global Burden of Disease” coordinato dall’Institute for Health Metrics and Evaluation (IHME) di Washington

a cura di Chiara Rotolo, Psicologa

The Lancet pubblica i risultati di una ricerca che ha coinvolto numerosi ricercatori in tutto il mondo e che ha riguardato 133 paesi. Lo studio ricostruisce il trend del fenomeno per il periodo 1980 – 2013. Il dato è allarmante. La tendenza all’aumento di sovrappeso e obesità sia infantile che adulta è praticamente presente in tutto il mondo, con un’unica differenza tra paesi sviluppati, per i quali dal 2006 si registra un arresto, e paesi in via di sviluppo ove il fenomeno è in continuo aumento e caratterizza addirittura metà della popolazione.

Il BMI > 25 kg/m2 è passato da 28.8% al 36% negli uomini e dal 29.8% al 38.8% per le donne. Per quanto concerne bambini e  adolescenti esso ha  raggiunto quasi il 24%,  mentre per le bambine e le ragazze quasi il 27%. Preoccupante è il dato relativo alla stessa categoria nei paesi in via di sviluppo: da circa 8% al 12 – 13% per maschi e femmine. In alcuni paesi quali Kuwait, Kiribati, Micronesia, Libia, Quatar, Tonga e Samoa l’obesità coinvolge circa il 50% della popolazione adulta.

Abbiamo commentato i dati con la Dott.ssa Cristiana Abbafati, ricercatrice in Economia Sanitaria presso l’Università “ La Sapienza” di Roma  e  partecipante alla ricerca.

Il fenomeno ha natura multidimensionale, per cui a tale trend contribuiscono diversi fattori. Lo studio ne riporta alcuni, come il cambiamento delle abitudini alimentari, l’incremento delle calorie consumate, il decremento dell’attività fisica e, specificatamente per i paesi in via di sviluppo, anche un mutamento nella funzionalità metabolica legata ad un processo di male adattamento verso un regime alimentare virato su cibo a basso costo  e di immediata fruibilità ( junk food).

La ricerca, finalizzata specificatamente alla ricostruzione del fenomeno, non si occupa di analizzare alcune cause sociali, quali il livello di istruzione e la diffusione delle informazioni.  E’ oramai evidente come esista una correlazione negativa tra livello di istruzione e comportamenti salutari. Più alto è il livello di istruzione, più bassi sono, in media, i comportamenti non salutari compreso quello alimentare. Altro è l’effetto della coesione sociale che, quando presente, garantisce una diffusione delle informazioni  e un controllo sociale  in grado di dissuadere da comportamenti non salutari.

Il problema obesità e sovrappeso rappresenta dunque una vera e propria “epidemia socio-sanitaria” che, per l’effetto che tale condizione ha sull’insorgenza delle malattie croniche, pone un problema di sostenibilità del sistema sanitario in un contesto anche di invecchiamento della popolazione.

Rimane, tuttavia, ancora da indagare quanto tale fenomeno sia  riconducibile a cause economico sociali e quanto sia dovuto a cause psicologiche. Sicuramente i dati comportamentali, cioè gli stili di vita individuali, risentono dei mutamenti sociali ma allo stesso tempo lasciano aperto lo spazio a problematiche psicologiche specifiche e oramai note soprattutto nei paesi sviluppati.  Si tratta di vedere se tali deduzioni sono estendibili anche ai paesi in via di sviluppo. Resta allo psicologo dedurne qualcosa di utile.

 

Leggi l’articolo pubblicato sulla rivista The Lancet