Skip to main content

Tag: anoressia

La violenza sulle donne: comprenderne i meccanismi per proporre un cambiamento

Il fenomeno della violenza contro le donne, nel corso del tempo, ha acquisito una rilevanza sempre maggiore ed è stato delineato attraverso termini differenti, che hanno tentato di coglierne i vari aspetti ed evidenziarne l’immensa complessità. Esso comprende una vasta gamma di violenze, maltrattamenti e abusi attuati dal partner che non sempre si manifestano sottoforma di danno prettamente fisico, la cui origine risiede, spesso, nelle diseguaglianze di genere e nella storica disparità di ruolo e di potere tra uomini e donne che connota la società umana da sempre. In tal senso, all’interno della Dichiarazione per l’Eliminazione della Violenza sulle Donne, emanata dalle Nazioni Unite nel 1993 (ONU, 1993), il termine “violenza di genere” viene impiegato per definire “qualunque atto di violenza sessista che produca o possa produrre danni o sofferenze fisiche, sessuali o psicologiche, ivi compresa la minaccia di tali atti, la coercizione o privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica che nella vita privata” (Petruccelli, Simonelli & Grilli, 2014; Arcidiacono & Napoli, 2012; Marzi, Mancini, Molinari, & Palombo, 2013). Tale definizione fa riferimento alla dimensione relazionale e sessuata della violenza e ai meccanismi sociali, a causa dei quali il genere diventa il primo terreno di scontro in cui si manifesta il potere (Ulivieri, 2013).

Rispetto al tema della violenza si è osservata una certa ciclicità, che ha portato L. Walker (1979) a definire un vero e proprio ciclo della violenza, inteso in termini di “progressivo e rovinoso vortice in cui la donna viene inghiottita dalla violenza continuativa, sistematica, e quindi ciclica, da parte del partner” (Walker, 2001). Questo processo è articolato in tre fasi, quali crescita della tensione, maltrattamento vero e proprio e luna di miele, che si susseguono con un’intensità e una frequenza sempre maggiore. Durante la prima fase il partner assume atteggiamenti ostili e scontrosi e la vittima, al fine di prevenire l’escalation, pone in secondo piano i propri bisogni dedicandosi completamente a quelli dell’altro. Nel corso della seconda, il partner agisce comportamenti violenti di diversa natura. L’ultima fase è connotata da sensi di colpa e tentativi di scusa da parte del partner accompagnati da promesse volte al cambiamento e da tentativi di porre le responsabilità al di fuori della coppia o comunque della propria persona. Con il susseguirsi di tali fasi il legame tra i due individui subisce importanti modificazioni, tramutandosi in una relazione traumatica e distruttiva, in cui le persone coinvolte occupano sempre di più posizioni rigide e asimmetriche, definite su uno squilibrio di potere. Inoltre, l’alternanza protratta di comportamenti abusanti e affettuosi, tipica di queste dinamiche, conduce all’instaurazione di una condizione relazionale patologica spesso connotata da una modalità di comunicazione ambigua e contraddittoria e da cui risulta estremamente complesso uscire se non attraverso l’ausilio di supporti esterni (familiari, istituzionali, sociali…).

Sulla base di quanto detto, è evidente l’importanza e la necessità di un cambiamento e di un lavoro che coinvolga l’intera società, in modo particolare di una forma di sensibilizzazione affettiva, relazionale e sessuale che avvenga lungo tutto l’arco della vita, che vada al di là delle definizioni stereotipate di “buono/a” e “cattivo/a”, di “vittima” e “carnefice”, che stimoli una riflessione più ampia che coinvolga tutti, che metta al centro il rispetto per sé stessi e per l’altro, fatto di confini inviolabili, e alimenti l’attenzione verso il monitoraggio e la cura della salute mentale e relazionale.

BIBLIOGRAFIA

Arcidiacono, C., Di Napoli, I. (2012). Introduzione. Violenza e asimmetria di genere. In Arcidiacono, C., Di Napoli, I. (a cura di), Sono caduta dalle scale… I luoghi e gli autori della violenza di genere. . Milano: Franco Angeli.

Marzi, G., Mancini, E., Molinari, F., Palombo, S. (2013, Aprile 17). Femminicidio e violenza di genere: dal sommerso alla presa di coscienza. Tratto da Psicoanalisi e scienza: https://www.psicoanalisi.it/osservatorio/1287/

Organizzazione delle Nazioni Unite. (1993, Dicembre 20). Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne. Adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con risoluzione 48/104.

Petruccelli, I., Simonelli, C., Grilli, S. (2014). La violenza di genere. In Schimmenti, V., Capraro, G. (a cura di) Violenza sulle donne. Aspetti psicologici, psicopatologici e sociali. Milano: Franco Angeli.

Ulivieri, S. (2013). Femminicidio e violenza di genere. Tratto da: https://www.siped.it/wp-content/uploads/2013/12/Pagine-da-pedagogia_oggi_2-2013-26092013-9.pdf

Walker, L. (2001). The battered woman syndrome. 2nd edition. Springer Publishing Company

Anoressia e Bulimia “all’apparenza opposte, due facce della stessa medaglia”

La Dott.ssa Flaminia Cordeschi, presidente DAI-FIDA Roma, è stata intervistata da Enrico Scoccimarro per LUMSA news.

L’intervista è centrata sull’incremento dei casi DCA durante la pandemia Covid-19 e del ruolo che può avere la società nell’aiutare e supportare le persone che soffrono dei disturbi del comportamento alimentare.

Come evidenzia la Dott.ssa Flaminia Cordeschi “Dover rimanere a casa ha fatto emergere vissuti di incertezza e precarietà con riflessi negativi sull’alimentazione. In alcuni casi è ricomparso un pregresso disturbo del comportamento alimentare, in qualche modo compensato prima dell’arrivo del Covid-19. In altri il disturbo alimentare è iniziato quando il rallentamento del ritmo della vita ha reso possibile un maggior contatto con sé stessi vissuto come problematico e irrisolto”.

“Anoressia e bulimia sono all’apparenza opposte, ma sono due facce della stessa medaglia. In termini di posizione interna sono sempre un modo per poter continuare a non esserci”.

“Per chi soffre di DCA è necessario attivare un percorso specializzato di sostegno che riguardi anche le famiglie, basato su un aiuto psicologico, meglio se di tipo psicoanalitico, e nutrizionale, alle volte anche medico e psichiatrico. Quello che noi DAI-FIDA chiamiamo modello integrato di cura”

Leggi l’intervista integrale su questo link 

Autolesionismo e DCA

Numerosi studi evidenziano l’esistenza di una correlazione tra disturbi del comportamento alimentare e gesti autolesivi. Infatti, circa il 30%-40% delle persone con disturbi alimentari ricorrono o hanno avuto episodi autolesivi . Essendo il corpo il mezzo attraverso il quale comunichiamo con gli altri, molto spesso può diventare in modo inconsapevole la manifestazione di un profondo disagio. I gesti autolesivi possono trovare una spiegazione nel costante bisogno di punire sé stessa a seguito di un pasto “sbagliato”, di un’abbuffata o di un gesto qualsiasi che abbia, per qualche verso, scatenato un senso di colpa incontenibile. Il peso di provare un dolore profondo a cui non si riesce a dare un nome, è talmente ingestibile che causarne uno maggiore sul proprio corpo sposta l’attenzione dal dolore precedente ad uno concreto e governabile. In questo modo, si tenta di controllare lo stimolo spiacevole concretizzandolo in un atto e il ferirsi diviene un semplice mezzo, esattamente come il digiuno o come il vomito, per raggiungere uno scopo, che si tratti dell’annullamento di sé o dell’autopunizione. Quindi queste pratiche come il vomito autoindotto nella bulimia, l’ipercontrollo del cibo nell’anoressia e l’autolesionismo diventano l’unico anestetico efficace che consente di passare da un malessere interiore ad uno corporeo illudendosi così di poterlo gestire.

Le patologie alimentari e l’autolesionismo rappresentano il tentativo di far fronte ad un vissuto traumatico e ad una sofferenza difficili da sostenere dove il corpo diventa il teatro dei conflitti emotivi.pict4229