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Chiusura Estiva del Centro

Il Centro GAPP vi augura una Buona Estate!
Che le vacanze siano un viaggio rigenerante da cui tornare arricchiti da una rinata creatività!

Ci rivediamo Lunedì 2 Settembre con nuove idee, stimolanti progetti e sinergici incontri!

Vi ricordiamo che la nostra mail è sempre attiva: [email protected]

ADOMAGAZINE – La rivista di AGIPPsA (n.1 Luglio 2019)

“Adomagazine” nasce anche come uno spazio ove pratiche e pensieri teorici più rispettosi delle conoscenze attuali sull’adolescenza possano trovare espressione e opportunità di diffusione. La Rivista vuole portare uno spessore conoscitivo, una ricchezza di pensieri e di pratiche alla conoscenza di tutti quelli che sono interessati a esse, siano essi operatori del mondo della cura (psicologi, psicoterapeuti, psichiatri ecc.) che dell’educazione (insegnanti, educatori, dirigenti scolastici ecc.) che del governo dei nostri mondi sociali (amministratori, dirigenti dei servizi sociali, dell’associazionismo e della cooperazione ecc.) e naturalmente di quegli adulti che svolgono funzioni educative non professionali (genitori, nonni, fratelli ecc.) ma che sempre più sono alla ricerca di chiavi di lettura e di indicazioni di comportamento per interagire meglio con i loro figli, nipoti, fratelli.

La psicoanalisi è stata spesso in passato un po’ confinata in luoghi privati e intimi, ma da tempo, e il contributo degli adolescenti e delle loro famiglie è stato rilevante anche in questo, è uscita maggiormente allo scoperto, si è messa di più in relazione con mondi nuovi, con sofferenze, con problemi, con sollecitazioni che hanno consentito alle sue teorie di essere meno aprioristiche e alle sue pratiche di essere più efficaci, più capaci di trasformare. Ma in “Adomagazine” non ci saranno solo gli psicoanalisti degli adolescenti a scrivere: sarà anche un luogo dove ospiteremo le competenze, le prospettive di altri che hanno a che fare in qualche modo con i giovani, dai magistrati alle forze dell’ordine, dagli insegnanti ai tatuatori.

AGIPPsA, la rete di associazioni che produce questo magazine, una rete fatta di molte realtà locali, di centinaia di psicoterapeuti e di altri operatori dell’adolescenza, mette a disposizione ciò che è e sa sia attraverso la rivista che le altre forme comunicative di recente avviate: il suo sito, la Newsletter, la sua presenza sui social.

Da “Perchè Adomagazine” di Fabio Vanni

Scarica il numero della Rivista

MIND THE GAPP 2.0 – Ascolto, cura e condivisione: progetto in rete in risposta al disagio adolescenziale e genitoriale

Dal 2012, grazie ai co-finanziamenti della Fondazione SociAL e alle partnership di Associazioni e Istituzioni del territorio, l’Associazione GAPP ha promosso progetti volti a rispondere al disagio di minori e famiglie che si trovano in situazioni di svantaggio socio-economico, considerando la scelta della cura come un diritto fondamentale.

Sono state pensate e attivate diverse edizioni di “Mind The Gapp” che oggi prosegue, con i suoi interventi multidisciplinari, grazie ai contributi delle Fondazioni CRT (Torino) e CRAL (Alessandria). Quella del 2018 ha offerto ed offre un percorso terapeutico individualizzato ad orientamento psicodinamico con interventi psico-educativi a minori, giovani adulti e famiglie in difficoltà socio-economica, ospiti di comunità educative o in carico ai Servizi Sociali, utenti con disturbi alimentari e/o con difficoltà psicologiche, relazionali, scolastiche.  Dal mese di marzo 2017 ad oggi sono stati attivati 34 dispositivi clinici individuali (psicoterapia, sostegno psicologico e genitoriale) e 17 laboratori psico-educativi per un totale di percorsi terapeutici pari a 51. L’utenza complessiva del progetto è stata dunque pari a 42 utenti, di cui 26 di età compresa tra i 5 e i 25 anni e 16 genitori. Ad oggi continuano i percorsi psicoterapici, di supporto psicologico e genitoriale e i laboratori di sostegno scolastico e pasto condiviso per 21 adolescenti e 13 nuclei famigliari.

Ringraziamo CSVAA per lo spazio che ci ha dedicato:

https://www.csvastialessandria.it/2019/6/27/mind-the-gapp-20—ascolto–cura-e-condivisione-progetto-in-rete-in-risposta-al-disagio-adolescenziale-e-genitoriale

15 Giugno 2019 – CENA BENEFICA “Un fiume di sorrisi in Cittadella”

Sabato 15 Giugno 2019

CENA BENEFICA 

“Un fiume di sorrisi in Cittadella”

 
L’Associazione ‘Un sorriso per loro‘ Labiopalatoschisi Alessandria organizza una Cena Benefica a favore dei bambini affetti da labiopalatoschisi (labbro leporino) e delle loro famiglie e in supporto al nostro Progetto terapeutico multidisciplinare “LeEmozionidelCibo“, sostenuto dai LEO Club di Alessandria, che si occupa di affrontare le problematiche legate al sovrappeso e all’obesità infantile e preadolescenziale.
 

Info & Prenotazioni:

Il costo della cena è di € 25 per gli adulti e di € 10 per i bambini.

PER PRENOTAZIONE E RITIRO BIGLIETTI (ENTRO IL 7 GIUGNO):

  • OSPEDALE INFANTILE (Ambulatorio di Labiopalatoschisi) Sig.ra Rosa 0131 207259
  • STUDIO CANESTRI (Piazza Garibaldi, 38) 0131 264900

 

CONVEGNO: ANIMA E CORPO DEL FEMMINILE

CONVEGNO 7 GIUGNO 2019

 

Siamo lieti di informarvi che venerdì  7 giugno 2019 si terrà a Torino il convegno: 

“ANIMA E CORPO DEL FEMMINILE”

presso il Centro Congressi Unione Industriale Sala Piemonte in Via Manfredo Fanti n.17,  dalle ore 9:30 alle ore 17:30.

La giornata di formazione, inclusa nel programma del master “Comprendere e trattare i disturbi del comportamento alimentare”, si strutturerà attraverso l’intervento di illustri relatori. 

Organizzatori del Convegno: Laura Ciccolini, Nadia Delsedime, Marialaura Ippolito, Maurizio Olivero

È possibile scaricare il manifesto e il programma del Convegno, corredato di scheda di iscrizione, cliccando qui.

Per informazioni ed iscrizioni

Per informazioni, rivolgersi al dott. Vadis Cappa:

MAIL: [email protected]

TEL: 011-6824261

 

5×1000 per i progetti di GAPP

Nella società attuale gli adolescenti sembrano essere sempre più alla ricerca di spazi di ascoltocondivisione e sperimentazione di sé con l’Altro in cui possano scoprire e dare forma alla propria identità. Anche per questo crediamo importante poter dare continuità al progetto “Mind The Gapp”.
Il Progetto si rivolge ai giovani in difficoltà e alle loro famiglie proponendo, oltre alla psicoterapia individuale, un lavoro terapeutico in piccolo gruppo e laboratori creativo-espressivi per offrire spazi di condivisione necessari all’elaborazione dei propri vissuti.

Con una semplice firma ✍️ potrete sostenere anche voi le attività della nostra Associazione, proprio come il progetto in rete “MIND THE GAPP 2.0 – Ascolto, cura e condivisione del disagio adolescenziale e genitoriale”.

Codice Fiscale: 96050170065

Il tuo 5 per noi… vale 1000!

15 Marzo 2019 – MASTER SUI DCA

Master specifico per il trattamento dei disturbi del comportamento alimentare

Let’s start!

E’ con immenso piacere e grande entusiasmo che proprio oggi, in occasione dell’VIII Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla, diamo il via al Master specifico per il trattamento dei disturbi del comportamento alimentare.

Sarà un corso di perfezionamento che approfondirà, con relatori ed esperti riconosciuti nel settore, teoria e tecnica della cura dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione al fine di esplorare le modalità più efficaci finalizzate a modificare l’organizzazione psichica del mondo interno dei pazienti affetti da queste problematiche.

Il Corso sarà articolato in 6 sessioni tematiche che si svolgeranno il venerdì pomeriggio e il sabato mattina per un totale di 63 ore di formazione.

Il programma del Master prevede inoltre la partecipazione gratuita degli iscritti ad un Convegno Nazionale dal titolo “Anima e corpo del femminile” in programma per il 07 Giugno 2019 presso la sala congressi della GAM a Torino.

Sede del Corso

Il Corso di Perfezionamento si terrà a Moncalieri (To), a partire da Marzo 2019 fino a Novembre 2019, presso la Comunità Terapeutica Il Porto, istituzione attiva dal 1983 nel trattamento di persone con disturbi psicotici e disturbi gravi di personalità, associati o meno a dipendenza secondaria da sostanze.

Per informazioni ed iscrizioni contattare la segreteria organizzativa all’indirizzo: [email protected] (Vadis Cappa).

 

Il Cervellone Benefico

Il Cervellone Benefico:

un evento divertente a sostegno del progetto “leEmozionidelCibo”

Per il secondo anno consecutivo poteva mica mancare l’evento top dell’anno?!
Il Leo Club Alessandria organizza il Quizzone più amato del momento: “Il Cervellone Quiz Game”!!

? quando?
VENERDÌ 22 FEBBRAIO 2019

?dove?
OPEN SPACE BAR
Spalto Marengo (all’interno del Centro Commerciale Pacto)

⏰ orari
– ore 19.30
Ritrovo e registrazione dei partecipanti
– ore 20.15
Inizio Aperitivo
– ore 20.45
Inizio Sfida

Possono partecipare squadre da 2 in poi!

La quota di partecipazione è di 20 € a partecipante comprensivo di Apericena, Quiz e Service!
Il ricavato sarà devoluto interamente a “leEmozionidelCibo”: progetto terapeutico rivolto a bambini e preadolescenti con problematiche alimentari di sovrappeso e di obesità e ai loro genitori!

Cosa stai aspettando a prenotare?!
I posti sono limitati!!

Progetto Genitori 2018-2019

Anche quest’anno il Centro Gapp sostiene il “PROGETTO GENITORI: Un percorso formativo per genitori, insegnanti ed educatori”!

Venerdì 22 Febbraio alle ore 20.30 ci sarà un nuovo appuntamento “Ragazzi, siete pronti a navigare?” in cui si parlerà dell’affascinante ma complesso mondo di Internet, di consapevolezza e sicurezza informatica e di cyber-bullismo.

Per scoprirne di più cliccate sul sito: http://www.culturaesviluppo.it/?p=7652

TRATTARE I DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE: LA PSICHIATRIA AL BIVIO FRA ETICA E AZIENDALIZZAZIONE

TRATTARE I DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE:

LA PSICHIATRIA AL BIVIO FRA ETICA E AZIENDALIZZAZIONE

di Nadia Delsedime

“Mangiavo senza pensarci, solo per riempire la ferita enorme che ero”
“La storia della mi vita è volere, avere fame di quello che non posso avere, o forse volere ciò che non posso permettermi di avere” (Roxane Gay- Fame)

“Si è ciò che si guarda.”
“L’occhio è sempre in cerca di sicurezza…questo spiega l’appetito dell’occhio per la bellezza” (Brodskij – Fondamenta degli incurabili)

“Non esiste vita senza pazienza” (P. Roth)

I disturbi alimentari sono disturbi psichiatrici. Con la più alta mortalità fra i disturbi psichiatrici. Costosi da trattare. Dispendiosi a livello di tempo, energie di gruppo e individuali, di risorse economiche stanziate. I disturbi alimentari sono disturbi psichiatrici di cui pochi psichiatri si vogliono occupare o si sanno occupare o si possono occupare.
Trattare un disturbo alimentare – che si chiami Anoressia Nervosa, Bulimia, Binge Eating, Disturbo Evitante Restrittivo – significa confrontarsi con un problema complesso che non si può e non si deve affrontare da soli (che si sia Psichiatri, Psicoterapeuti o Nutrizionisti) ma nell’ambito di una equipe multidisciplinare e di una rete che a volte richiede la collaborazione fra Servizi diversi (anche diversificati fra Pubblico e Privato) e figure diverse, che devono interfacciarsi e confrontarsi costantemente, onde evitare vuoti di comunicazione in cui la malattia possa “infilarsi” e far saltare il progetto terapeutico.Trattare un disturbo alimentare significa tenere sempre presente che quello che noi consideriamo un “disturbo”, per i pazienti è in realtà una “soluzione”, l’unica possibile a sollevare da un malessere profondo, e pertanto va trattata con rispetto.
E questa è la prima parola che inserirei in un “vocabolario etico” per l’approccio ai Disturbi Alimentari. Rispetto per la Persona che sta dietro alla malattia; per la malattia stessa, che non è solo un insieme di sintomi da estirpare ma un linguaggio da ascoltare; per la famiglia che in qualche modo viene segnata dal passaggio della malattia, travolta da emozioni che non è in grado di gestire e spesso è incapace di comprendere. Una famiglia che va sempre sostenuta e aiutata, talvolta curata, per poter far parte efficacemente di quella rete d’aiuto, unico strumento di cura nelle sue diverse e multiformi specificità.
Il secondo concetto etico che desidero introdurre è quello di Tempo. Tempo fa parte integrante del concetto di Cura; dedicare tempo significa dedicare Attenzione, saper aspettare (tempo di attesa), dare modo che si apra un varco nella corazza della malattia e che venga formulata una domanda di cura autentica, da cui partire per instaurare una proficua relazione terapeutica, vero core del processo di cura. Quindi, Tempo, Attenzione, Attesa, Autenticità, Relazione terapeutica, sono tutti concetti etici fondamentali che costituiscono l’essenza stessa della Cura.
Il contrario di queste caratteristiche dell’agire bene (vero significato del termine “etica”) sono la fretta, il non ascolto, la superficialità, la scarsità di risorse in termini di personale e di denaro, che non permetta il formarsi di quella rete multisfaccettata e di quei percorsi diversificati ad personam (ambulatoriali, semi-residenziali o residenziali) che possono garantire ai pazienti un processo di autonomizzazione dalla propria malattia.
Tempo quindi. Tempo per la motivazione alla cura, tempo di attesa, tempo del dialogo, tempo della psicoterapia o della comunità, tempo del distacco dalla famiglia, dalla scuola, e infine – molto graduale – dalla propria malattia. Tempo per imparare a fidarsi e affidarsi soprattutto.
Trattare un disturbo alimentare significa confrontarsi con il tempo, che è estremamente soggettivo. Il tempo soggettivo non è fatto per sottomettersi ai DRG aziendali, alle scadenze, ai tempi massimi di ricovero, ai giorni concessi dai finanziamenti delle ASL per curarsi in ambito residenziale. Il tempo soggettivo è quello necessario per crescere.
Ed è su questo punto che massimamente si scontrano la “filosofia della cura” – basata sul rispetto della persona e dei suoi tempi – con la “filosofia aziendale”- basata sugli interessi economici, sul bilancio costi-benefici, sulle perdite, sul DRG (giorni di ricovero pagati in base alla diagnosi; 50 giorni per esempio è il massimo previsto per il ricovero per un/a paziente con Anoressia nervosa) e che sempre meno ha al centro la Persona nella sua complessità.
Occuparsi di disturbi alimentari è poco redditizio perché significa dedicare molto tempo e molto personale sanitario (quindi molto denaro) a fronte di risultati incerti e di frequenti ricadute.Quanto costa il tempo? Il tempo di ascoltare, di aspettare che un paziente abbia meno paura di cambiare, di abbracciare nuovi stili di vita meno patologici ma più temibili, proprio perché sconosciuti… Ciascuno di noi tende a reiterare ciò che lo fa sentire più sicuro, a muoversi nella propria comfort zone. Esplorare nuovi territori fa sempre paura. E questa esplorazione non può essere forzata da nessuno. Il/la paziente deve trovare il proprio passo e il proprio tempo per lanciarsi in questa esplorazione. A volte, spesso, ci vogliono mesi prima che il soggetto esprima una autentica e propria domanda di cura, non mediata da altri. E questo tempo si allunga nel caso di adolescenti, forzati dai genitori a curarsi inizialmente, e che devono essere lentamente ingaggiati nella cura, accompagnati in una lenta maturazione che prevede una presa di consapevolezza di sé e del disturbo. E una graduale costruzione di una nuova identità.Si parla di un lavoro di anni e raramente le Istituzioni pubbliche hanno le risorse per sostenere quello che dovrebbe essere un percorso di cura “ideale”, che poi si identifica con un percorso di accompagnamento alla crescita.Laddove crescere significa prendere consapevolezza che qualcosa non va, che c’è un disturbo da curare, significa distaccarsi dalla famiglia e trovare la propria indipendenza, significa prendere contatto con il proprio essere, con le proprie fragilità, con il proprio vuoto; e a partire da quello iniziare a costruire una propria identità.
Questo lungo percorso implica tempo e rispetto. Implica un insegnare ad accettarsi a partire dall’Accettare. Implica un Vedere, uno sguardo benevolo, uno sguardo neutro rispetto al giudizio, ma rispecchiante rispetto alle emozioni. Accettare e vedere sono altri due pilastri di questo “vocabolario etico” applicato alla cura dei DCA o forse alla cura in generale.
Al centro del Disturbo Alimentare, di qualsiasi diagnosi si tratti, c’è il corpo o meglio ancora l’immagine del corpo. O ancora meglio lo Sguardo sul corpo, che riflette lo sguardo su se stessi in generale. Uno sguardo soggettivo e oggettivo impietoso, uno sguardo che giudica, che non perdona, che riempie di sensi di colpa e fa sentire indegni. Uno sguardo che è quello di chi è malato ma non si vede come è realmente, o quello degli altri esterni (famiglia, amici, fidanzati, insegnanti), vissuto come giudicante e richiedente. Uno sguardo che esaspera la sensazione di non bastare mai. Di insufficienza e inadeguatezza. Uno sguardo che non rimanda mai una visione di bellezza.Quanto tempo allora ci può volere a cambiare questo sguardo (poiché di questo tratta la terapia)? Che non è solo un sintomo ma una Weltanschauung, una visione del mondo. L’Azienda sanitaria che è avida di dati e di risultati (come spesso lo sono, ma più comprensibilmente, le famiglie dei pazienti) ci impone di cambiare in uno/due/massimo sei mesi – cioè in tempi brevissimi – dei vissuti profondi, perché questo sono realmente i sintomi che noi vediamo come la punta di un iceberg.
Come ai pazienti viene richiesta dalla società e dai loro stessi standard perfezionistici una performance, così anche a noi sanitari viene chiesta una performance di risultato. E non importa se ci vogliono magari anni per cambiare un modo di vedere e vedersi, uno sguardo…questa “lentezza”(che poi è solo rispetto per i tempi del paziente) è concessa solo se è il paziente a pagarsi le cure privatamente.E infine introduco un ultimo concetto etico, quello di Identità. Strettamente connesso ai due concetti precedenti di Corpo e Sguardo, nell’Identità troviamo anche la risposta alla domanda “Perché è così difficile curare un disturbo alimentare?”….risposta : perché il Disturbo Alimentare crea un’identità. Laddove la personalità è fragile o ancora in formazione, laddove ferite narcisistiche e mancanze precoci o traumi hanno creato dei vuoti e delle mancanze, il disturbo riempie, crea qualcosa, un Sé patologico, ma che è comunque meglio di niente. Si può essere orgogliosi della propria identità anche se malata (e questo capita spessissimo nell’Anoressia) e questo è il nucleo della Resistenza al cambiamento.
Allora la “cura” può stare solo nel rispetto di questa prima pelle che il/la paziente si è costruito per difendersi da altro o dall’Altro e nel sapere guardare al di là, oltre, saper vedere il vero dolore nascosto sotto, e renderlo capace di esprimersi.

Esprimere il dolore e le emozioni non attraverso il corpo, i sintomi, i tagli o le abbuffate, è il vero scopo della terapia, dare parola al corpo e al dolore, far sì che il corpo diventi parola e non linguaggio materico o simbolico. E la parola si elicita attraverso l’ascolto, la comprensione, l’attenzione dedicata, il tempo…L’ascolto di ciò che dice o non dice il paziente, del suo non verbale, dei suoi acting, ma anche l’ascolto di sé, di cosa suscita in noi il paziente quando si esprime a suo modo di fronte a noi. Ascoltare le nostre risonanze emotive dice molto anche sul paziente; ma anche per questo ci vuole tempo.
Ascolto e Sguardo allora sono i due sensi più coinvolti nella cura, quelli di cui dovremo avere più cura e più “manutenzione”, e quelli che dovremmo sempre opporre a chi vuole troppo in poco tempo, con risorse insufficienti e metodi sbagliati.
Il diritto di essere ascoltati e visti è anche quello che dovremmo reclamare sempre e in generale come esseri umani, come persone vive, come soggetti etici. Non è possibile crescita, maturazione, sviluppo di una identità individuale, senza questi due elementi, o forse dovrei dire “alimenti”.

Imparare a nutrirsi, ad alimentarsi, significa imparare a prendersi cura di sé; tuttavia il vero nutrimento non è il cibo, ma il riconoscimento che si fonda sull’essere autenticamente compresi nella propria alterità, nella differenza, nei propri bisogni, nella voce unica che ciascuno ha.

“L’intervento terapeutico non va inteso come cura, ma come motore del processo di soggettivazione, dell’esperienza cioè di sentirsi se stesso, di sperimentarsi nella propria attività psichica, nei propri sentimenti, nelle proprie condotte come vivo e reale in un mondo percepito come tale e viceversa” (R. Cahn, L’adolescente nella psicoanalisi, 2000)
“Se è impossibile instaurare una vera alleanza terapeutica con chi apparentemente non ha nulla da chiedere e trae importanti vantaggi dalla malattia, occorre accettare ciò che per ora ci viene concesso: una distratta disponibilità all’ascolto, una vaga curiosità, una certa preoccupazione per le conseguenze fisiche del digiuno…non certo per la magrezza scheletrica, che a lungo ancora rimarrà fonte di rassicurazione”. (E. Riva, L’arte del Kintsugi, 2016)