Mi chiamavano piccolo fallimento – Gary Shteyngart
Gary Shteyngart, Mi chiamavano piccolo fallimento, traduzione di Katia Bagnoli, Guanda 2014, pp. 400
Le persone più vicine sono quelle che riusciamo a capire, almeno in parte, solo dopo decenni, al culmine di un lungo percorso di differenziazione e di allontanamento. Prendete un uomo e una donna di Leningrado e di stirpe ebraica: si sposano e nel 1972 nasce loro un figlio maschio, malato di asma, fragile, deludente. Siamo al tramonto di quel grande e terribile sogno che è stata l’Unione Sovietica, nutrirsi e curarsi adeguatamente è difficile, occorre essere sobri fino all’ossessione, attenti a tutto. Nel 1979 la piccola famiglia emigra negli Stati Uniti: il piccolo Igor, che ha appena cominciato il proprio radicamento in una realtà respingente e carica di passato, deve cambiare lingua, scuola, rapporti e persino il nome, che diventa Gary. Ma a New York, fra tanta promettente libertà e tante nuove delusioni, quello che non cambia è il senso di fallimento che gli toglie il respiro, che lo intimidisce con i compagni di scuola e con le ragazze, che gli preclude la forza e la determinazione che sembrano appartenere soltanto alla figura paterna.
Questo libro è l’autobiografia di uno dei migliori scrittori americani della nuova generazione, autore di tre romanzi tradotti in molte lingue. È un libro divertente e pieno di particolari esagerati e grotteschi, ma tutto costruito attorno alla storia di un bambino, poi di uno studente e infine di un promettente romanziere alle prese con una drammatica sfiducia in sé stesso. La Russia lontana, i riti sempre più estranei della religione ebraica, l’inserimento nella vita americana, il senso del ridicolo, la volontà di salvarsi grazie alla scrittura e alla psicoanalisi, fino a una triste, ma decisiva rivelazione che avviene nell’ultimo capitolo: ecco in breve la vicenda di questo libro malinconico e vitale. Libro che mostra come non importi quanto sia aspra la via che ci tocca percorrere, ma che essa sia davvero la nostra, quella più spontaneamente adatta a noi.
Dott.ssa Daniela Cinelli