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Di Mercoledì

 

 

“Di Mercoledì”

A. Marchesini

 

 

È mercoledì quando la signorina Else, magra e allampanata, dall’aria vagamente trasandata, sale, piena d’ansia, al quinto piano di un vecchio palazzo. Si sta recando presso l’interno 10 dove una coppia di psicoterapeuti accoglie, nel proprio studio, i racconti delle vite degli altri, di esistenze fragili, chiaroscure, a volte inefficaci e corrosive nascoste sotto le apparenze.

Inizia così il bel romanzo (il secondo della sua promettente carriera da scrittrice) di Anna Marchesini.

Un trauma antico ha spezzato la vita felice della signorina Else: il suo tempo si è fermato a quel periodo memorabile mentre il pensiero ha assunto il passo del rimpianto. Desiderosa di simpatia e affetto sembra essere incapace di farsi aiutare.

C’erano stati anni migliori per Else, ci svela l’autrice, quando la felicità era ancora possibile ed era viva in lei la sensazione misteriosa di uno stato di cose importante e inspiegabile.Quegli anni erano finiti, di colpo, con la malattia della madre, quando Else era ancora una bambina. Li avrebbe rivoluti indietro, ma non c’era niente da fare.

Tutta la famiglia si era ammalata: il padre era diventato un ostaggio della malattia della madre chiudendosi in un dolore disperato e sgomento. Tutti gli adulti della sua famiglia avevano scelto di assentarsi da qualunque altra esistenza per rimanere accanto alla malata.

Avevano scelto anche per lei, la piccola Else, che non poteva scegliere da sola. Avevano permesso che il dolore catturasse la sua breve vita e la congelasse in un lutto insuperabile. Da quel momento aveva imparato a pensare che non ci sarebbero state più occasioni di felicità. C’era un prima e un dopo e intanto la vita passa e i giorni si perdono.

L’aveva condotta in quel luogo (nella stanza della terapia) la continua sensazione di essere fuori da sé, spettatrice della sua vita dall’esterno, come se tutto si muovesse solo altrove.

Tempo dopo l’inizio della terapia, un giorno inaspettatamente, in un luogo nascosto al buio, si troverà a spiare l’esplosione ciarliera e appassionata di Zelda, una paziente dall’aspetto eccentrico, quasi ridicolo.

Una donna eccentrica, emotiva, spontanea, divertente, in terapia per procura del marito. Una vita che non era mai riuscita a sbocciare: senza figli e con un uomo freddo e disinteressato al suo fianco, si era dedicata al giardino e aveva coltivato con amore fiori di qualunque specie.

Dal buio di uno stanzino, Else assisterà alla seduta di Zelda, conoscerà il quotidiano della sua vita familiare e rimarrà folgorata dalla sua persona. Inizieranno così a frequentarsi: due figure curiose a braccetto per la strada e a poco a poco tra le due nascerà l’amicizia, la prima amicizia del tempo adulto per Else, il primo oggetto reale emerso dall’ombra di tutto il resto.

Zelda è una donna emotiva, carnale, densa e autentica. Dal dottore non va per sua volontà, ma per procura del marito, da depressa si scopre, in verità, divertente e luminosa.

Quella luce si rifletterà e raggiungerà anche Else.

Le due donne diventeranno, così, amiche in un tempo nuovo in cui sfioreranno l’esistenza estrema di Maria, la bellissima ragazza che abita all’interno 9 e che rivelerà drammaticamente  la sua tragedia.

Maria vive in un’ansia di assoluto, nella pretesa di liberare le emozioni dagli aspetti convenzionali.

Uno di “quei” mercoledì pomeriggio, Else e Zelda vengono a sapere della morte di Maria che abitava sullo stesso pianerottolo dello studio dei dottori. In silenzio quella giovane aveva vissuto una tragedia più grande di lei.

Quante cose non sappiamo e non possiamo immaginare delle vite degli altri, del loro dolore segreto?

Questa è la domanda sottesa dietro tutto il testo, una domanda alla quale la stessa Marchesini sembra rispondere affermando che la felicità è sempre sopravvalutata: tutti vi aspirano e la rimpiangono, tutti si affaccendano disperatamente per conquistarla come se fosse l’unico modo per tenersi attaccati alla vita. Eppure non si è mai felici come si crede.

“Di mercoledì” è un romanzo di esistenze sensibili, di felicità perdute o mai realizzate che si incrociano ed entrano in contatto per condividere una piccola porzione di vita e dolore.

 

L’autrice presenta una variegata galleria di vite, ognuna tratteggiata con delicatezza, profondità e ironia, alla ricerca di un momento di armonia, di un pezzo di infinito. Ognuna con la sua “stanza tutta per sé”, alla ricerca del proprio punto di sintesi, di un rifugio dalla quotidianità del non essere.

 

Un romanzo che è ,allo stesso tempo, intimista e ironico, che racconta l’incrocio casuale di tre esistenze tra solitudine e apparente normalità.

Nonostante le tragedie che con delicatezza e intelligenza si raccontano, sembra essere un inno alla vita, un romanzo in cui, pagina dopo pagina, il messaggio è che l’infelicità dell’esistenza non è causata dal dolore, ma dal fatto di dover affrontare da soli questo dolore, dall’inattività nel rimanere fermi a pensare e concentrarsi su di esso, dimenticando che la vera causa di tutto è la solitudine.

Un’ultima riflessione merita per noi il tema della terapia, del sostegno psicologico.

Else e Zelda incarnano due modi differenti di attraversare la straordinaria e complessa avventura dell’analisi personale.

Parlando di Else, all’inizio di questa esperienza, Marchesini ci dice che: “Non aveva mai avuto nessuna dimestichezza con gli strumenti della riparazione, si era concentrata sul danno lei e non era mai starà capace di accettarlo, figuriamoci di recuperarlo” Questo è giust’appunto il dramma di Else.

A Zelda la scrittrice invece fa dire:

“[…] a dire la verità, dottore, lei sta conoscendo una persona che nemmeno io conosco, ma il fatto è che qui da lei riesco a dire ad esprimere, si ad essere me stessa, è come se qui da lei dottore io trovassi una specie di torcia che fa luce in garage, che dico…..illumina la mia casupola….”

È l’incontro tra le due protagoniste, tra i loro mondi e il loro modo di vivere la vita e il disagio, ciò che permette ad entrambe di fare un passo avanti. Ed è la terapia uno dei sentieri che le due percorrono per giungere in un nuovo tempo della propria vita.

 

“Mangiare da star male”: intervista alla Dott.ssa Laura Ciccolini

Sul numero di aprile di CONSUMATORI (rivista dei soci Coop) una bella e approfondita intervista a Laura Ciccolini, presidente nazionale FIDA: “Mangiare da star male”

(di Silvia Fabbri)

Le malattie legate al comportamento alimentare non sono solo bulimia e anoressia, ma anche il disturbo dell’alimentazione incontrollata. Ne è affetto il 30% delle persone obese. E spesso nasce dal fallimento di ripetute diete.

Lasciarsi morire di fame. Mangiare fino a scoppiare. E poi camminare fino a sfinirsi.O prendere diuretici e lassativi per tentare quasi di scomparire. Sono alcuni dei sintomi – i più gravi – dei cosiddetti disturbi del comportamento alimentare, prima causa di morte per le donne tra gli 11 e i 35 anni. Disturbi che non sono solo bulimia e anoressia, forse più note, ma anche il binge eating disorder (BED) ovvero disturbo dell’alimentazione incontrollata, legata all’obesità.

Che, a differenza di bulimia e anoressia – tipicamente adolescenziali o post adolescenziali – coinvolge età diverse. E che si può presentare anche nella terza età.
“La prima cosa da capire per affrontare anoressia e bulimia –spiega Laura Ciccolini, presidente di Fida, Federazione italiana disturbi alimentari – è che non sono malattie dell’appetito. Sono sintomi di un disagio e di una sofferenza molto profonda che si esprimono attraverso la manipolazione del cibo nel tentativo di modificare il corpo. Sono dei modi per esprimere sofferenza”.

Qual è la differenza tra anoressia e bulimia?
Sono due forme che ormai si alternano nella stessa persona producendo un circolo vizioso che difficilmente si spezza. Nell’anoressia la persona non mangia nulla, nella bulimia invece la persona si abbuffa di tutto. L’esordio del disturbo è sempre l’anoressia. In entrambi i casi, però, accade che la persona cominci a sentire la necessità di restringere la quantità di ciò che mangia o a limitare le tipologie di ciò che mangia…
Poi si inizia a rifiutare il cibo in sé, e a manifestare un’attenzione ossessiva per il corpo e il suo peso.
L’anoressia vera e propria ha come sintomi il rifiuto del cibo, l’ossessione per l’immagine del corpo,l’iperattività, il calo di peso, la dispercezione, cioè una percezione sbagliata della propria immagine corporea. Infine l’amenorrea, cioè l’assenza di mestruazioni. Lo stato psicologico della paziente, quando si verificano questi sintomi,è di grande soddisfazione e contentezza, con forte senso di trionfo. Perché sperimenta il controllo totale che è il controllo non solo sul cibo, ma anche sulle emozioni e sui rapporti con gli altri.

E quando si verifica l’alternanza con la bulimia, cioè quello che lei ha chiamato circolo vizioso?
Basta una leggera perdita di controllo e l’anoressia si rovescia nella bulimia: la persona inizia a divorare tutto in abbuffate alimentari che possono durare anche ore. Allora si manifestano grande senso di colpa, senso di inadeguatezza, depressione. Il circolo vizioso nasce appunto dal fatto che la persona cerca di riacquistare il controllo e quindi, dopo essersi abbuffata, si provoca il vomito o si spinge all’iperattività; o abusa di lassativi e purganti cercando di rimediare affannosamente ai danni dell’abbuffata.

Ci sono cifre che ci indichino se bulimia e anoressia sono o meno in aumento?
I dati epidemiologici che riguardano l’anoressia sono abbastanza stabili.
Sono un po’ in aumento per la bulimia, ma ciò che è davvero in crescita è il disturbo da alimentazione incontrollata.
Che colpisce il 30% delle persone che soffrono di obesità. Diversamente dal bulimico la persona affetta da BED non mette in atto comportamenti compensativi, come il procurarsi il vomito o consumare calorie con un’attività fisica estenuante, e quindi diventa rapidamente obeso – mentre i bulimici sono per lo più normopeso.

Anche il disturbo da alimentazione incontrollata non è una patologia dell’appetito, dunque?
È spesso legato a stati depressivi, e può essere il risultato dei fallimenti delle diete.
Come anoressia e bulimia colpisce più le donne che gli uomini e anche in età avanzata.

Perché ci si ammala di queste malattie?
È difficile individuare una sola causa. Sono patologie multifattoriali, cioè risultano dall’ interazione di molti fattori: fisici, psicologici, familiari, sociali… è difficile individuare una causa unica.
In ogni caso, comunque, notiamo sempre all’ interno della famiglia un’attenzione eccessiva attribuita al cibo, un iper investimento…Che spesso diventa un sostituto affettivo, il canale attraverso cui i genitori mostrano il loro amore al bambino. E quindi il cibo viene utilizzato come risposta a tutte le esigenze del figlio.
Poi – ed è il motivo per cui questi disturbi colpiscono più le donne che gli uomini – viviamo in una società dell’immagine, in cui bellezza equivale a magrezza, in cui il corpo umano magro è l’unico che la moda rappresenti e questo certamente influenza moltissimo il gusto delle persone. Essere magre significa essere belle, amate e desiderate. Si pensa che essere magre sia la strada maestra per la felicità. Ciò rende le ragazze e le donne in generale particolarmente fragili perché hanno il timore di non andare mai bene, di essere rifiutate – se non ci si omologa a un modello sociale dominante che è, appunto, quello della magrezza. Allo stesso tempo, però, in questi anni, si sta diffondendo un’ossessione per il cibo che non ha precedenti. Interi canali tv non parlano d’altro. Tutto questo mette in difficoltà le persone e alimenta mercati ben precisi che sono quelli dei cibi light, degli integratori, dei prodotti dimagranti. E alimenta i fallimenti.

Cosa consigliare ai familiari delle persone ammalate di anoressia o bulimia?
Bisogna cercare di accorgersi il più presto possibile dei disagi delle proprie figlie, dei propri familiari in genere.
Come?
Il primo segnale è un crescente interesse per il cibo e per il suo contenuto calorico che si lega a un’ossessionante attenzione per il peso e la propria immagine corporea. L’altro campanello d’allarme è la tendenza a disertare la tavola comune e non condividere più pranzi e cene. Un atteggiamento che mette in risalto il rifiuto del cibo che accompagna
questa patologia… Se una ragazza dice: “ho mangiato fuori,ceno dopo ecc., ecc.”,  bisogna fare attenzione.

Gli errori da non fare?
Entrare nelle dinamiche del cibo, cercando ad esempio di propinare cibi nutrienti, oppure mettendo sotto chiave dispense e frigorifero. Non pensare di poter fare da soli, perché si rischia di esasperare le dinamiche interne e quindi peggiorare ancora la situazione. È necessario che i genitori o altri familiari si rivolgano subito a persone esperte. L’unica patologia in aumento è comunque il disturbo da alimentazione incontrollata che, tra l’altro,  colpisce a tutte le età e anche in età avanzata.

Come mai?
Ci sono varie ragioni. Una può essere quella legata al fatto che le persone che arrivano da noi hanno lottato con il cibo tutta la vita. E a una certa età si rendono conto delle conseguenze pesanti, sia fisiche ed emotive, che questo ha portato nelle loro vite. Così cominciano a pensare di curarsi verso i 40 o 50 anni… non è troppo tardi. Ma una vita intera costruita attorno a un problema nei confronti del cibo è difficile da rimettere in sesto. Anche da un punto di vista fisico. Abitudini alimentari gravemente disequilibrate possono portare conseguenze fisiche a lungo termine, quali problemi gastrointestinali, problemi di motilità, osteoporosi, facendo provare un senso di irreparabile perdita per le opportunità di cura mancate in un tempo passato.
Supponiamo poi che, anche se con un equilibrio molto fragile, il paziente sia rimasto in piedi. A una certa età questo equilibrio salta, perché possono sopraggiungere cambiamenti: lutti, separazioni, divorzi o perdita del lavoro. Anche semplicemente il fatto di invecchiare o la menopausa possono distruggere un equilibrio faticosamente conquistato, ma un po’ traballante. E allora ci si appoggia al cibo. Sovente anche all’ alcol.

Consigli per affrontare in modo corretto il problema?
Anche in questo caso bisogna evitare il fai-da-te. E rivolgersi ai centri specializzati e ad équipe multidisciplinari, dove sono presenti varie professionalità che lavorano insieme. Psicoterapeuti, nutrizionisti, psichiatri. ●

Intervista a Laura Ciccolini, Presidente nazionale FIDA

INTERVISTA A LAURA CICCOLINI, PRESIDENTE NAZIONALE FIDA

(mangiarebuono.it -rubrica MANGIARE SANO- gennaio 2014)

Quali aspetti o atteggiamenti favoriscono l’insorgere dei disturbi alimentari?

I disturbi del comportamento alimentare costituiscono oggi una vera e propria epidemia sociale a causa della rapidità e per il numero crescente.Queste patologie si diffondono nel mondo occidentale del benessere, dove c’è una sovrabbondanza di cibo e oggetti e in cui l’imperativo categorico è quello di consumare il più possibile. Viviamo in una società dove il cibo è onnipresente e che ci invita costantemente a consumarne in modo illimitato e costante e contemporaneamente ci impone un modello estetico di magrezza a cui dover aderire per avere un valore. Le ragazze, in particolare, si trovano intrise di questa cultura che è prevalentemente cultura dell’immagine e dell’apparire. A fronte di questo modello sociale che iper-investe il corpo, abbiamo l’insorgere dell’anoressia-bulimia che cerca di aderire in modo totale a quest’ideale sociale dove più sei magro e più hai un valore. Il contesto sociale è l’humus su cui si viene ad innestare una patologia alimentare che in soggetti particolarmente fragili può andare ad incidere negativamente.

Quanto una dieta non corretta influenza i disturbi alimentari?

I disturbi del comportamento alimentare sono patologie multifattoriali, cioè caratterizzate da complesse interazioni fra fattori biologici, psicologici, individuali, familiari e sociali. I disturbi alimentari non sono malattie dell’appetito ma modi per manifestare una sofferenza che non ha trovato altro modo per essere espressa. La corretta alimentazione non basta per prevenire un disagio così profondo le cui cause sono molteplici. Tuttavia è importante fornire fin dall’infanzia uno stile di vita e alimentare corretto per evitare, in particolare alle ragazze che sono particolarmente sensibili sui temi dell’alimentazione, di cadere vittime di informazioni distorte acquisite su certe riviste femminili o sul web che promettono diete miracolose e che demonizzano vari alimenti. Entrare nella spirale di questa “cattiva” informazione circa l’alimentazione in cui si intraprendono diete restrittive, si saltano i pasti, si ricorre a metodi dannosi per poter dimagrire, possono, su persone particolarmente vulnerabili, scatenare un disturbo alimentare.

L’obesità infantile e adolescenziale continuano ad aumentare creando futuri pazienti con dca. Quali misure e precauzioni adottare?

L’obesità infantile ha raggiunto livelli allarmanti. Nel 2012 circa il 22,2% dei bambini era in sovrappeso e il 10,6% obeso con percentuali più alte nelle regioni del centro e del sud. Non essendoci una sola causa responsabile dell’obesità infantile, non è facile riuscire ad individuare ed effettuare una attività preventiva che possa effettivamente sortire degli effetti. Viviamo in una società in cui il cibo è onnipresente e che ci bombarda costantemente di messaggi volti al consumo illimitato di cibo. È importante che i genitori facciano attenzione a non investire il cibo di una forte carica emotiva e così talvolta il cibo diventa un sostituto affettivo, un canale attraverso il quale i genitori mostrano il loro amore al bambino. Altre volte i genitori tendono a rispondere con il cibo a qualunque esigenza ponga il figlio. Questa modalità rischia di portare il bambino a ricercare nel cibo una risposta polivalente a tutte le sue sensazioni ed emozioni.

Qual è il disturbo alimentare più diffuso?

Le forme dei disturbi del comportamento alimentare si sono progressivamente trasformate, dalla prevalenza dell’anoressia, più diffusa negli anni 60 si è andati verso la bulimia negli anni 80. Attualmente il disturbo alimentare più diffuso è il Disturbo da alimentazione incontrollata (DAI) che colpisce il 25% dei pazienti che chiedono aiuto per un problema di obesità e nel 50-75% dei pazienti con grave obesità. L’età d’esordio è intorno ai 20 anni ma il Dai colpisce anche l’età infantile, l’adolescenza, le donne in età matura e gli uomini. Questo disturbo consiste in abbuffate compulsive senza successivi episodi di compenso. Potremmo un po’ definirlo come il disturbo che fa fallire sempre tutti i tentativi di diete. Le persone che ne soffrono provano intensi sentimenti di vergogna e sensi di colpa che li portano ad avere una scarsa considerazione di sé e delle proprie capacità.

Oltre a questo disturbo, sono molto diffusi una serie di disturbi del comportamento alimentare che non sono riconducibili ai quadri clinici classici come l’anoressia, la bulimia o il Dai ma che hanno una importante rilevazione clinica. Sono i disturbi alimentari definiti “sotto soglia” che presentano in modo attenuato uno o più sintomi dei disturbi alimentari classici. Queste forme talvolta sono sottovalutate sia dalle persone che ne soffrono sia dai clinici e, se non curate, rischiano di strutturarsi nel tempo in forme cliniche evidenti. Sono, inoltre, aumentate le paure per i cibi tossici, imperversano le intolleranze alimentari, le ossessioni per il cibo corretto e sano che spesso altro non sono che dei modi per mascherare un disturbo del comportamento alimentare.

 

LAURA CICCOLINI: Presidente Nazionale FIDA. Presidente e Responsabile del Centro CPF – FIDA Torino. È iscritta all’Albo degli Psicologi e all’Elenco degli Psicoterapeuti dell’Ordine degli Psicologi della Regione Piemonte. Da più di 20 anni si occupa della formazione e del trattamento dei Disturbi del Comportamento Alimentare. È stata Responsabile del Centro ABA di Torino dal 1993 al 2011 e docente, per molti anni, del Corso di Specializzazione dell’ABA nelle sedi sia di Milano, sia di Roma. Per 15 anni è stata Responsabile clinica della Comunità Terapeutica “La Vela” di Moncrivello (VC), struttura residenziale specializzata nel Trattamento dei disturbi del comportamento alimentare. Ha pubblicato numerosi articoli relativi alle patologie alimentari e al trattamento residenziale dei disturbi del comportamento alimentare (DCA). Svolge attività libero professionale come Psicologa-Psicoterapeuta effettuando sia psicoterapie individuali sia psicoterapie di gruppo. È socia dell’Associazione Studi Psicoanalitici (ASP) e IPSFS (New York) e della Società italiana per lo Studio dei Disturbi del Comportamento Alimentare (SISDCA).

 

Quando il desiderio di buon cibo diventa ortoressia – Dott.ssa Laura Ciccolini

(di Paola Battista )

Intervista alla Dott.ssa Laura Ciccolini, su www.west-info.eu, 28.03.2014

 

Anoressia e bulimia? I disturbi alimentari non finiscono qui. Pochi, ad esempio, conoscono l’ortoressia: una forma estrema di salutismo. Una vera e propria ossessione per i cibi “puri”. Ne parliamo con la dottoressa Laura Ciccolini, Presidente della Federazione Italiana Disturbi Alimentari (FIDA),

Quando la ricerca di alimenti sani diventa patologia?

“Quando le persone, terrorizzate dal contrarre malattie organiche attraverso l’alimentazione, controllano e selezionano attentamente ciò che mangiano, trascorrendo così tanto tempo nella loro ricerca e preparazione da trascurare il lavoro o le relazioni sociali. Inoltre – aggiunge – queste persone hanno bisogno di conoscere tutti gli ingredienti contenuti in un determinato piatto. Tendono così a evitare le occasioni sociali o a portare con sé i propri cibi”.

Come si spiega il moltiplicarsi di tanti nuovi disturbi alimentari (DCA)?

“I DCA rappresentano una vera e propria epidemia sociale, che sembra crescere esponenzialmente. Hanno un’origine multifattoriale, cioè un mix di fattori individuali, sociali, familiari, psicologici. Le motivazioni che stanno alla base di queste patologie sono diverse per ogni individuo. Queste persone utilizzano il corpo per esprimere disagi profondi che non sono riuscite a manifestare in altro modo. Certamente i fattori socio culturali che associano la magrezza alla bellezza rappresentano un terreno fertile per l’insorgere di queste patologie, ma è difficile individuare un’unica causa”.

Riguardano soltanto le donne o anche gli uomini?

“I dati forniti dagli studi scientifici parlano di un fenomeno in aumento anche tra i maschi. Che costituiscono, secondo le ultime stime, il 10% della popolazione che si ammala di anoressia e bulimia. Il valore di sé viene misurato sulla base della muscolatura e di un fisico prestante: è stato infatti identificato un disturbo che colpisce particolarmente i maschi, denominato bigoressia. Caratterizzato dall’ansia di essere poco vigorosi e troppo magri in persone visibilmente muscolose. Questa dispercezione porta ad allenarsi sempre di più, a controllare minuziosamente l’alimentazione fino all’assunzione di farmaci anabolizzanti, ormoni e sostanze illecite. Inoltre può seguire il rifiuto di tutte le occasioni di socializzazione. Sia perché la persona sente il suo corpo come inadeguato, sia perché vengono evitate tutte le situazioni che possono sottrarre tempo all’allenamento o indurre a trasgredire il regime alimentare”.

L’imperativo della magrezza e l’epidemia di disturbi alimentari – Dott.ssa Laura Ciccolini

DONNEEUROPA, 6 maggio 2014, articolo della Dott.ssa Laura Ciccolini

In Italia circa tre milioni di persone soffrono di anoressia, bulimia, alimentazione incontrollata e molteplici altre forme “sottosoglia”, che hanno sempre come centro dell’attenzione il corpo, il peso e il cibo. Nella società contemporanea, basata sull’immagine e sull’apparenza, per molte donne essere magre significa automaticamente essere belle, e questo le costringe a vivere sotto la tirannia di un modello estetico imposto, pensando che sia l’unico modo per avere un valore, per evitare l’esclusione e per essere amate e desiderate.

Questo ideale estetico della magrezza, incentivato dall’industria della moda, associato a difficoltà emotive, in persone fragili, può sfociare in un disturbo alimentare. Se queste patologie in passato colpivano principalmente le giovani adolescenti, negli ultimi tempi emerge un preoccupante allargamento delle fasce d’età, dalle ragazzine prepuberi alle donne in età della menopausa.

A scatenare questo sintomo sono spesso cause multifattoriali, cioè complesse interazioni fra fattori biologici, psicologici, familiari e sociali. È importante precisare che i disturbi alimentari non sono malattie dell’appetito ma sintomi di un disagio e di una sofferenza profonda che non hanno trovato altro modo per esprimersi se non attraverso il corpo e il cibo.

Il corpo diventa teatro della mente, le esperienze profonde ed emotive utilizzano il corpo per manifestarsi, mentre il cibo diventa l’oggetto amato e odiato da cui si dipende. Potremmo, quindi, affermare che queste patologie sono una sorta di auto-cura, una soluzione che il soggetto ha trovato per anestetizzare una sofferenza psichica. La vita di queste persone inizia così a girare intorno ad un circuito sempre uguale costituito da corpo-peso-cibo.

L’esordio di queste patologie, solitamente caratterizzato da un tentativo di restrizione e controllo unito da un’attenzione sul corpo e sul peso e sulla propria immagine corporea, può sfociare in un’anoressia vera e propria, caratterizzata da un graduale o repentino rifiuto del cibo, da un’ossessione e dispercezione della propria immagine corporea, da iperattività e amenorrea, oppure in abbuffate alimentari.

La fase di controllo assoluto sul cibo, ma anche sul mondo emotivo e sulle relazioni, fa sperimentare al soggetto una sorta di trionfo e di felicità dandogli la sensazione di aver trovato la soluzione a tutti i suoi problemi. Spesso questa fase non dura a lungo e il soggetto, o perché ha ingoiato anche un solo boccone “non previsto” o perché si lascia travolgere dalla propria fame, cade in abbuffate bulimiche illimitate e disordinate che lo fanno sentire disperato e pieno di sensi di colpa.Seguono spesso vari tentativi di compenso volti a “rimediare i danni” come il vomito, l’abuso di lassativi o l’iperattività, nel disperato tentativo di recuperare il controllo perduto.

In questi ultimi anni assistiamo al diffondersi del disturbo da alimentazione incontrollata, responsabile di molti quadri di obesità, che colpisce in egual misura uomini e donne di tutte le fasce d’età. In questa patologia le persone sono soggette a frequenti abbuffate, non accompagnate da strategie per compensare l’ingestione di cibo in eccesso, e questo determina il sovrappeso e l’obesità.

È un sintomo che s’insinua nella vita quotidiana delle persone, talvolta senza che queste neanche se ne accorgano. Si mangia spesso in assenza di fame, ci si abbuffa in particolare di dolci e carboidrati, di nascosto e in completa segretezza provando poi un intenso senso di vergogna, frustrazione e depressione.

Queste persone solitamente si sottopongono a continui regimi alimentari per cercare di perdere peso senza ottenere nessun successo duraturo ma, anzi, spesso ottenendo l’effetto contrario, non riuscendo a comprendere il perché del fallimento di tutte le diete. E i continui fallimenti non fanno altro che alimentare gli aspetti depressivi che diventano nuovamente un fattore di spinta verso una nuova abbuffata, utilizzata come trattamento anti-depressivo, designando così un circolo vizioso.

Dai disturbi del comportamento alimentare non si guarisce da soli ma è necessario farsi aiutare. Per la complessità e multifattorialità di queste patologie è necessario che la cura sia effettuata da équipe multidisciplinari integrate che possano trattare e tenere insieme tutti gli aspetti della persona coinvolti in questo sintomo. La richiesta di cura in queste patologie rappresenta un punto di difficoltà e criticità molto elevato proprio perché, come abbiamo sottolineato, il sintomo alimentare rappresenta già una soluzione ad un disagio.

La tendenza è sempre quella di riuscire a farcela da soli, spesso ci si aggrappa al pensiero magico e illusorio che “… da domani, da lunedì tutto sarà diverso…” per poi accorgersi che passano gli anni e mai nulla cambia. Difficilmente si riconosce che la preoccupazione per corpo, peso e cibo è solo la punta di un iceberg che nasconde un sommerso di dolore, disagio e difficoltà emotive.

Ancora una vittima dell’anoressia: l’importanza della prevenzione e della cura

QUOTIDIANO PIEMONTESE DELL’ 11-06-2014

Moncalieri, suicida ragazza 28enne. Messaggio ai genitori: ”Perdonatemi, non è colpa vostra

 

Ancora una vittima dell’anoressia.

Quest’ennesima tragedia ci invita a riflettere intorno al problema della cura dell’anoressia.

I disturbi del comportamento alimentari sono, in Italia, la prima causa di morte tra le patologie psichiatriche che colpiscono le giovani donne.

Queste patologie non sono malattie dell’appetito, ma la manifestazione di un grave disagio psichico, in cui il cibo e il corpo diventano l’unico linguaggio possibile per esprimere la sofferenza e il dolore profondo.

E’ importante che questi disturbi vengano riconosciuti precocemente  e possano essere curati, in modo appropriato, in centri specializzati che tengano conto della situazione clinica, fisica, psicologica e familiare, e della soggettività della persona.

Dott.ssa  Laura Ciccolini

“Cibo amaro”, a Torino giornata di studi sui disturbi alimentari

Sappiamo molto sui DCA ma è importante non smettere mai di approfondire.

Che cosa sono l’anoressia, la bulimia e gli altri disturbi alimentari: una patologia? Oppure un sintomo? O, ancora, uno stile di vita?

Sarà questo il tema attorno al quale svolgerà la giornata di studi “Cibo amaro – I disturbi alimentari: patologia, sintomo o stile di vita?“, in programma a Torino l’11 Aprile prossimo, con Massimo Labate e Vincenzo Villari responsabili scientifici, a cura dell’OMCeO di Torino (Commissione Salute Mentale) Coordinatore dr. Villari, e in collaborazione con FIDA, ANSISA, REMEDIA.

La presidente nazionale FIDA, Laura Ciccolini, interverrà su “I disturbi del comportamento alimentare: intervento multidisciplinare integrato”.

PROGRAMMA  (Scarica il PDF Scarica la versione pdf - Federazione Italiana Disturbi Alimentari):

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    • 08.00 – 08.45 Registrazione partecipanti
    • 08.45 – 09.00 Saluto delle Autorità
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[custom_list style=”list-9″]

        • Dott.ssa Ivana Garione – Segretario OMCeO Torino
        • Avv. Angela Ferracci – Presidente CIDO (Comitato Italiano per i Diritti delle Persone
        • affette da Obesità e Disturbi Alimentari)

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        • 09.00 – 09.30 Aspetti clinici e percorsi di cura nella Regione Piemonte. Prof. Secondo Fassino
        • 09.30 – 10.00 Vecchi e nuovi orizzonti nosografici e strategie di intervento: dal DSMIV al DSMV
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            • Dott.ssa Loriana Murciano

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            • 10.00 – 11.00 Comunicare la malattia: media e informazione. Dott. Vincenzo Villari – Dott. Massimo Labate

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[custom_list style=”list-9″]

            • Previsti interventi di Stampa e Repubblica

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            • 11.00 – 11.30 Coffee Break
            • 11.30 – 12.00 L’anoressia tra follia e santità. Prof. Domenico Devoti
            • 12.00 – 12.30 DCA: la menzogna come forma di comunicazione. Prof.ssa Raffaella Scarpa
            • 12.30 – 13.00 Discussione
            • 13.00 – 13.30 Presentazione caso clinico
            • 13.30 – 14.30 Lunch
            • 14.30 – 17.30 Moderatore: Dott. Giuseppe Maria Rovera
            • 14.30 – 15.00 La gestione del paziente affetto da DCA: il ruolo del MMG. Dott. Gabriele Bellomo
            • 15.00 – 15.30 I disturbi del comportamento alimentare: intervento multidisciplinare integrato

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            • Dott.ssa Laura Ciccolini

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            • 15.30 – 16.30 Lavoro in piccoli gruppi
            • 16.30 – 17.30 Discussione di caso clinico: dibattito
            • 17.30 Consegna questionari ECM e chiusura dei lavori

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RELATORI

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            • Prof. Secondo Fassino – Professore Ordinario di Psichiatria.
            • Dott.ssa Loriana Murciano – Psichiatria-Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale.
            • Dott. Vincenzo Villari – Direttore SC Psichiatria SPDC A.O.U. Città della Scienza e della Salute di Torino.
            • Dott. Massimo Labate – Medico Specialista in Scienza dell’Alimentazione-Referente Regionale Piemonte ANSISA.
            • Prof. Domenico Devoti – Psicoterapeuta -Psicanalista. Già Docente di Letteratura Cristiana e Psicologia della Religione Università degli Studi di Torino.
            • Prof.ssa Raffaella Scarpa – Docente di Linguistica italiana Università degli Studi di Torino – Presidente REMEDIA.
            • Dott. Giuseppe Maria Rovera – Primario – Medicina Clinica San Luca Torino – Presidente ANSISA.
            • Dott. Gabriele Bellomo – Medico Medicina Generale, Specialista in Scienza Alimentazione, Andrologia, Endocrinologia ASL To4.
            • Dott.ssa Laura Ciccolini – Psicologa – Psicoterapeuta – Presidente FIDA.

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RESPONSABILI SCIENTIFICI

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            • Dott. Massimo Labate
            • Dott. Vincenzo Villari

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Segreteria organizzativa
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Segreteria Scientifica:
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Consulenza ideazione e progettazione:
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Disturbi alimentari, un incontro a Torino per il Mese del Benessere Psicologico

I disturbi alimentari sono purtroppo diffusi ad ogni livello e ad ogni età: anoressia, bulimia, obesità colpiscono bambini, adolescenti e adulti, coinvolgono sia uomini che donne, e sono presenti in ogni ogni strato sociale.

C’è ancora troppo timore e pregiudizio nel rivolgersi allo Psicologo sia per la cura che per la prevenzione di questi disturbi. Ecco perché CPF Fida Torino aderisce con entusiasmo al Mese del Benessere Psicologico, una Campagna Nazionale organizzata dall’Ordine degli Psicologi che arriva anche in Piemonte.

Per tutto il mese di Novembre sono tanti gli incontri e gli eventi ai quali è possibile partecipare per capire come la Psicologia può essere utile, quando non necessaria, per migliorare la vita delle persone.

L’evento organizzato da CPF FIDA Torino si svolgerà venerdì 15 Novembre dalle ore 18 alle ore 20.

La dottoressa Laura Ciccolini e la dottoressa Vittoria Russo terranno un seminario sui Disturbi del Comportamento Alimentare nell’età adulta, nell’adolescenza e nell’infanzia.

Ingresso libero, l’incontro si terrà presso il centro CPF FIDA in Via Cordero di Pamparato 6 a Torino.

La dottoressa Laura Ciccolini, Psicologa e Psicoterapeuta, è responsabile del Centro CPF – FIDA Torino e Presidente Nazionale di FIDA, Federazione Italiana Disturbi Alimentari. Specializzata in Gruppoanalisi, si è occupata con particolare interesse delle patologie da dipendenza, della prevenzione e il trattamento del disagio familiare, della cura e del trattamento del Disturbo Borderline di Personalità.

Da più di 20 anni si occupa della formazione e del trattamento dei Disturbi del Comportamento Alimentare.

E’ socia dell’Associazione Studi Psicoanalitici (ASP) e IPSFS (New York) e della Società italiana per lo Studio dei Disturbi del Comportamento Alimentare (SISDCA).

La dottoressa Vittoria Russo è Psicologa e Psicoterapeuta del CPF FIDA Torino. Specializzata in Psicoterapia Psicoanalitica dell’Età Evolutiva e dell’Adolescenza, si è occupata di Psicologia Scolastica, disturbi dell’apprendimento.

Coordinamento e Supervisione di equipe educative per asili nido, ciclo scuola primaria e secondaria, condotte alimentari nella primissima infanzia  ed è specializzata nella pratica psicoterapica per pazienti sordi.

Alcune riflessioni sull’ortoressia: una nuova forma di disagio alimentare

Sempre più attuale e diffusa, come sostiene anche l’European Food Information, è la particolare forma di disordine alimentare nota come Ortoressia.
Il termine deriva dal greco ‘orthòs’ (giusto, corretto) e ‘òrexis’ (appetito) e sta ad indicare la mania per uno stile
alimentare totalmente puro e naturale.
Questo disturbo (assimilabile ai più noti del comportamento alimentare) si presenta come la deriva patologica di una tendenza tipica del nostro tempo e della nostra società: quella della cultura di uno stile di vita “iper-salutista” in cui vengono consumati solo cibi genuini e di origine biologica e in cui la filosofia alimentare ‘bio’ viene intesa come
strada di purificazione dalle contaminazioni, fino a correre il rischio di farne un vero e proprio fanatismo.
Non a caso proprio nel corso del 2013 la comunità scientifica ha riconosciuto l’ortoressia come patologia.

E’ ben noto, ma sempre importante ricordare, come l’ossessione del peso, soprattutto tra le giovani donne, derivi da un’eccessiva sopravvalutazione del corpo e dell’aspetto fisico il cui controllo si ottiene attraverso l’adozione di
abitudini alimentari improprie che, il più delle volte, rispondono all’incontrollabile paura di ingrassare.
Il rapporto tormentato e conflittuale con la propria immagine può generare frustrazione, scarsa autostima, insicurezza, depressione e senso di colpa che impediscono al soggetto affetto da questo disagio di relazionarsi serenamente con se stesso e con gli altri. Ancora più pesanti possono essere, in alcuni casi,le ripercussioni sulla salute fisica.
Anche l’ortoressia può essere inclusa tra le forme che vengono ad assumere, a livello alimentare, le ossessioni e i conflitti con se stessi e la propria immagine.

Come si è accennato, tipica dei soggetti ortoressici è la ricerca spasmodica di cibi altamente genuini e la tendenza a pianificare, in tempi sempre più lunghi, i propri pasti, assecondando l’esigenza di conoscere dettagliatamente ogni singolo ingrediente, non potendo mai lasciare nulla al caso.
L’esordio, frequentemente, si ha a partire dalla rigida adesione ad una filosofia o ad una teoria alimentare che, progressivamente, diventa una forma di fanatisismo che ne distorce il senso originario. Tale distorsione, nel tempo, impone regole alimentari sempre più rigide, fino ad arrivare alla creazione di veri e propri “kit di sopravvivenza” specifici per le situazioni in cui si è costretti a mangiare in contesti che non possono venire adeguatamente controllati.
Queste persone, infatti, assumono con enorme fatica piatti preparati da altri. Temono di consumare assumere alimenti “contaminati”, arrivando a sperimentare un autentico e severo senso di colpa ogni qualvolta si trasgrediscano i propri divieti.
Così impegnata a controllare il futuro e le possibili ricadute dei suoi comportamenti sulla propria esistenza, la persona ortoressica tende a staccarsi dal presente rinunciando, di fatto, a viverlo.
Alcune delle reali conseguenze che ne possono derivare riguardano infatti l’isolamento, la perdita di affettività, una vita sociale impoverita si ha a partire dalla rigida adesione ad una filosofia o ad una teoria alimentare che, progressivamente, diventa una forma di fanatisismo che ne distorce il senso originario. Tale distorsione, nel tempo, impone regole alimentari sempre più rigide, fino ad arrivare alla creazione di veri e propri “kit di sopravvivenza” specifici per le situazioni in cui si è costretti a mangiare in contesti che non possono venire adeguatamente controllati.
Queste persone, infatti, assumono con enorme fatica piatti preparati da altri. Temono di consumare assumere alimenti “contaminati”, arrivando a sperimentare un autentico e severo senso di colpa ogni qualvolta si trasgrediscano i propri divieti.
Così impegnata a controllare il futuro e le possibili ricadute dei suoi comportamenti sulla propria esistenza, la persona ortoressica tende a staccarsi dal presente rinunciando, di fatto, a viverlo.
Alcune delle reali conseguenze che ne possono derivare riguardano infatti l’isolamento, la perdita di affettività, una vita sociale impoverita e, in alcuni casi, anche depressione La preoccupazione ossessiva per il cibo può invadere tutta la vita della persona, causandone persino una forma di isolamento sociale. Può manifestarsi, inoltre, come in altre forme del disagio alimentare, una distorsione cognitiva rispetto alle proprie forme corporee e si può osservare la tendenza a negare o a non riconoscere emozioni, sentimenti e conflitti.
Spesso, inoltre, si presentano ossessioni, una certa rigidità psicologica, perfezionismo e bisogno di controllo.
Può essere importante segnalare infine, come nell’ortoressia, al pari degli altri disturbi del comportamento alimentare, la persona tenda ad identificarsi con il proprio regime dietetico.
Gli studi clinici mostrano come alla base di tali forme di disagio alimentare dimorino stati ansiosi importanti che la persona cerca di gestire attraverso i comportamenti compulsivi di evitamento descritti.
Un percorso di cura psicologico diventa fondamentale per comprendere paure che generano le ossessioni alimentari sperimentate quotidianamente.

CPF – FIDA Torino in piazza per il Mobility Day

Il Centro CPF – FIDA Torino in piazza Domenica 29 Settembre per il Mobility Day e per la lotta ai disturbi alimentari.

Come tutte le associate FIDA anche Torino partecipa alla sensibilizzazione sull’obesità e sugli altri DCA offrendo colloqui gratuiti. In più aderisce a questa grande iniziativa cittadina, il Mobility Day, manifestazione che si terrà nel cuore di Torino e che riunisce tutte le associazioni impegnate nella disabilità.

Partendo dall’esperienza maturata nel trattamento dei disturbi alimentari, gli specialisti di CPF – FIDA Torino si mettono a disposizione per riflettere sulle eventuali disabilità generate da situazioni quali anoressia, bulimia e obesità.

 

In questo evento CPF parteciperà insieme a Coldiretti.