Di Mercoledì
“Di Mercoledì”
A. Marchesini
È mercoledì quando la signorina Else, magra e allampanata, dall’aria vagamente trasandata, sale, piena d’ansia, al quinto piano di un vecchio palazzo. Si sta recando presso l’interno 10 dove una coppia di psicoterapeuti accoglie, nel proprio studio, i racconti delle vite degli altri, di esistenze fragili, chiaroscure, a volte inefficaci e corrosive nascoste sotto le apparenze.
Inizia così il bel romanzo (il secondo della sua promettente carriera da scrittrice) di Anna Marchesini.
Un trauma antico ha spezzato la vita felice della signorina Else: il suo tempo si è fermato a quel periodo memorabile mentre il pensiero ha assunto il passo del rimpianto. Desiderosa di simpatia e affetto sembra essere incapace di farsi aiutare.
C’erano stati anni migliori per Else, ci svela l’autrice, quando la felicità era ancora possibile ed era viva in lei la sensazione misteriosa di uno stato di cose importante e inspiegabile.Quegli anni erano finiti, di colpo, con la malattia della madre, quando Else era ancora una bambina. Li avrebbe rivoluti indietro, ma non c’era niente da fare.
Tutta la famiglia si era ammalata: il padre era diventato un ostaggio della malattia della madre chiudendosi in un dolore disperato e sgomento. Tutti gli adulti della sua famiglia avevano scelto di assentarsi da qualunque altra esistenza per rimanere accanto alla malata.
Avevano scelto anche per lei, la piccola Else, che non poteva scegliere da sola. Avevano permesso che il dolore catturasse la sua breve vita e la congelasse in un lutto insuperabile. Da quel momento aveva imparato a pensare che non ci sarebbero state più occasioni di felicità. C’era un prima e un dopo e intanto la vita passa e i giorni si perdono.
L’aveva condotta in quel luogo (nella stanza della terapia) la continua sensazione di essere fuori da sé, spettatrice della sua vita dall’esterno, come se tutto si muovesse solo altrove.
Tempo dopo l’inizio della terapia, un giorno inaspettatamente, in un luogo nascosto al buio, si troverà a spiare l’esplosione ciarliera e appassionata di Zelda, una paziente dall’aspetto eccentrico, quasi ridicolo.
Una donna eccentrica, emotiva, spontanea, divertente, in terapia per procura del marito. Una vita che non era mai riuscita a sbocciare: senza figli e con un uomo freddo e disinteressato al suo fianco, si era dedicata al giardino e aveva coltivato con amore fiori di qualunque specie.
Dal buio di uno stanzino, Else assisterà alla seduta di Zelda, conoscerà il quotidiano della sua vita familiare e rimarrà folgorata dalla sua persona. Inizieranno così a frequentarsi: due figure curiose a braccetto per la strada e a poco a poco tra le due nascerà l’amicizia, la prima amicizia del tempo adulto per Else, il primo oggetto reale emerso dall’ombra di tutto il resto.
Zelda è una donna emotiva, carnale, densa e autentica. Dal dottore non va per sua volontà, ma per procura del marito, da depressa si scopre, in verità, divertente e luminosa.
Quella luce si rifletterà e raggiungerà anche Else.
Le due donne diventeranno, così, amiche in un tempo nuovo in cui sfioreranno l’esistenza estrema di Maria, la bellissima ragazza che abita all’interno 9 e che rivelerà drammaticamente la sua tragedia.
Maria vive in un’ansia di assoluto, nella pretesa di liberare le emozioni dagli aspetti convenzionali.
Uno di “quei” mercoledì pomeriggio, Else e Zelda vengono a sapere della morte di Maria che abitava sullo stesso pianerottolo dello studio dei dottori. In silenzio quella giovane aveva vissuto una tragedia più grande di lei.
Quante cose non sappiamo e non possiamo immaginare delle vite degli altri, del loro dolore segreto?
Questa è la domanda sottesa dietro tutto il testo, una domanda alla quale la stessa Marchesini sembra rispondere affermando che la felicità è sempre sopravvalutata: tutti vi aspirano e la rimpiangono, tutti si affaccendano disperatamente per conquistarla come se fosse l’unico modo per tenersi attaccati alla vita. Eppure non si è mai felici come si crede.
“Di mercoledì” è un romanzo di esistenze sensibili, di felicità perdute o mai realizzate che si incrociano ed entrano in contatto per condividere una piccola porzione di vita e dolore.
L’autrice presenta una variegata galleria di vite, ognuna tratteggiata con delicatezza, profondità e ironia, alla ricerca di un momento di armonia, di un pezzo di infinito. Ognuna con la sua “stanza tutta per sé”, alla ricerca del proprio punto di sintesi, di un rifugio dalla quotidianità del non essere.
Un romanzo che è ,allo stesso tempo, intimista e ironico, che racconta l’incrocio casuale di tre esistenze tra solitudine e apparente normalità.
Nonostante le tragedie che con delicatezza e intelligenza si raccontano, sembra essere un inno alla vita, un romanzo in cui, pagina dopo pagina, il messaggio è che l’infelicità dell’esistenza non è causata dal dolore, ma dal fatto di dover affrontare da soli questo dolore, dall’inattività nel rimanere fermi a pensare e concentrarsi su di esso, dimenticando che la vera causa di tutto è la solitudine.
Un’ultima riflessione merita per noi il tema della terapia, del sostegno psicologico.
Else e Zelda incarnano due modi differenti di attraversare la straordinaria e complessa avventura dell’analisi personale.
Parlando di Else, all’inizio di questa esperienza, Marchesini ci dice che: “Non aveva mai avuto nessuna dimestichezza con gli strumenti della riparazione, si era concentrata sul danno lei e non era mai starà capace di accettarlo, figuriamoci di recuperarlo” Questo è giust’appunto il dramma di Else.
A Zelda la scrittrice invece fa dire:
“[…] a dire la verità, dottore, lei sta conoscendo una persona che nemmeno io conosco, ma il fatto è che qui da lei riesco a dire ad esprimere, si ad essere me stessa, è come se qui da lei dottore io trovassi una specie di torcia che fa luce in garage, che dico…..illumina la mia casupola….”
È l’incontro tra le due protagoniste, tra i loro mondi e il loro modo di vivere la vita e il disagio, ciò che permette ad entrambe di fare un passo avanti. Ed è la terapia uno dei sentieri che le due percorrono per giungere in un nuovo tempo della propria vita.