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L’obesità

Una nuova clinica caratterizzata da pratiche che puntano all’eccesso, al superamento di ogni regolazione, sembra caratterizzare le manifestazioni del disagio contemporaneo. Quando l’eccesso riguarda il rapporto del soggetto con il cibo si evidenzia una disfunzione nel corpo che può andare da un consumo senza limite di alimenti o di bevande, come nei casi di bulimia e obesità, ad un suo sacrificio, un ipercontrollo fuori misura, quale si riscontra nell’anoressia.

Fenomenologicamente l’obesità si evidenzia come un’alterazione del corpo ed è quindi più che altro la medicina ad occuparsene. Il fuori controllo dell’obesità sembra però mettere in scacco il sapere medico, la maggior parte dei pazienti presenta infatti una frustrante resistenza ai trattamenti che si basano sostanzialmente su dieta e attività fisica, mentre i farmaci e la chirurgia rivestono un ruolo ancora marginale.

Il conflitto psichico, che caratterizza le persone che tentano di attenersi alle indicazioni mediche, non riceve sempre l’attenzione dovuta, i pazienti si sottopongono a dolorose privazioni, si trovano a fronteggiare momenti di angoscia e insopportabili pensieri ossessivi sul cibo, ritrovandosi però molto spesso di fronte a fallimenti vissuti in solitudine.

La difficoltà del rapporto delle persone in sovrappeso con il proprio corpo e in particolare con l’aspetto che gli restituisce lo specchio – ma anche una foto, un video o la figura riflessa in una vetrina – è molto complesso: il soggetto tende a non riconoscersi, percepisce il corpo come qualcosa di estraneo, lo rifiuta e anche negli sporadici momenti di consapevolezza, non si capacita di come abbia fatto a trasformarsi tanto.

Questi soggetti, talvolta, vivono il loro stato come una colpa, come conseguenza di scarsa forza di volontà o mancanza di controllo, eludendo di fatto un disagio più profondo che chiama in causa la relazione con l’Altro e il senso di insufficienza o delusione. Per trattare lo stato di profondo sconforto e depressione che emerge come esito delle abbuffate, il paziente spesso non trova altra modalità che un nuovo ricorso all’iperalimentazione innestando un circolo vizioso tra voracità mai saziabile della pulsione orale e insorgenza depressiva.

La psicoterapia, e più in particolare la psicoanalisi, fa dimagrire?

L’essenziale della psicoanalisi consiste nel cogliere la funzione soggettiva singolare che la patologia obesa esercita nella storia personale di ogni paziente, portandoci all’istante oltre le raffigurazioni rigide e semplificate che spesso caratterizzano l’ambito di questa clinica. Non si tratta di un percorso facile, nella clinica dell’obesità vi sono casi in cui la dimensione del rifiuto e la conservazione dello status quo è molto elevata. Può accadere che in più sedute si ripeta una cronaca degli eventi impersonale e desoggettivata, benché posta con ironia e leggerezza, rendendo difficile per il terapeuta estrarre un significante che possa incidere sul disturbo di cui il paziente si lamenta.

Tuttavia, seguendo Lacan, possiamo dire che la psicoanalisi porta a un cambiamento totale nel soggetto e che gli effetti terapeutici, quali il dimagrimento, sono da considerarsi collaterali, essendo la guarigione una comprensione intima del proprio malessere.

Quello che l’esperienza clinica ci mostra è che nel corso della terapia i pazienti possono cominciare a sdoganare la vergogna, per la loro presunta insaziabilità o mancanza di volontà, e prendendo consapevolezza della sofferenza che collocano in un corpo che vivono come altro da sé, che li impaccia e nel quale sembrano affogare la loro depressione, possono fronteggiare il riaffiorare di parole e di frasi provenienti dall’Altro, parole da cui sono stati colpiti e segnati in modo traumatico e che negli anni hanno continuato ad operare mortificando il corpo e affievolendo il desiderio.

Dott.ssa Eva Bocchiola
Associazione Kliné – FIDA Milano