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Anoressia

Il termine anoressia deriva dal greco anorexía, ossia senza appetito, termine che indica la mancanza di desiderio per il cibo. L’uso del termine nei disturbi alimentari non coincide però con il significato comune.

Nell’anoressia nervosa, infatti, non manca l’appetito ma si assiste a una strenua lotta contro la fame per perdere peso, poiché l’autostima del soggetto dipende esclusivamente dalla magrezza.

 

L’anoressia nervosa è diagnosticata, secondo i criteri del DSM V, in base ai seguenti elementi:

a. Limitazione dell’assunzione di cibo rispetto al fabbisogno calorico, con conseguente peso corporeo al di sotto della media per sesso ed età.

b. Intensa paura di acquistare peso o diventare grassi, o un persistente comportamento che interferisce con l’aumento di peso, anche in caso di un peso significativamente basso.

c. Disturbo nel modo in cui la forma e il peso del proprio corpo sono vissuti.

 

Nell’ambito di tale disturbo si distinguono inoltre due sottotipi:

1. Con restrizioni: durante gli ultimi tre mesi, l’individuo non ha riportato episodi di abbuffate o condotte di eliminazione, come ad esempio l’uso improprio di lassativi.

2. Con abbuffate/condotte di eliminazione: durante gli ultimi tre mesi, l’individuo ha riportato ricorrenti episodi di abbuffate o condotte di eliminazione.

 

L’andamento del disturbo può variare da forme lievi e transitorie o episodiche, seguite da completa remissione sintomatica, a forme nelle quali si avvicendano fasi di equilibrio e periodi di riacutizzazione, fino a forme croniche con deterioramento progressivo.

L’anoressia inizia di solito con una dieta, con restrizioni alimentari mosse dal desiderio di migliorare la propria immagine e di farla aderire al modello imposto dalla società.

La tensione anoressica è indirizzata al raggiungimento del corpo perfetto attraverso la ricerca dell’ideale di magrezza che, in quanto tale, non verrà mai raggiunto. Ne consegue un progressivo o repentino dimagrimento fino ad arrivare, in alcuni casi, a un deperimento fisico molto grave senza che l’intensa paura di ingrassare venga meno, nonostante il decremento ponderale.

A livello più profondo la spinta al dimagrimento proviene da una non accettazione di sé e dalla difficoltà di riconoscere, e quindi gestire, la propria dimensione emotiva, che viene sentita inaccettabile come il corpo preposto a veicolarla, che deve essere reso inattivo attraverso la mancanza di cibo.

Al centro dei pensieri di chi soffre di anoressia c’è la preoccupazione continua di quello che può o non può mangiare e delle calorie assunte che devono poi essere bruciate; ci sono rituali ossessivi di preparazione e assunzione del cibo.

L’organizzazione della vita quotidiana ruota spesso intorno ai momenti del pasto e alle abitudini alimentari, determinando vincoli molto pesanti nella conduzione della propria vita e di quella dei familiari. A livello organico l’anoressia può provocare un logoramento fisico con danni e complicazioni anche gravi a carico di tutti gli organi interni che arrivano, in casi estremi, a provocare anche la morte.

Per questo nella quasi totalità dei casi è previsto un trattamento medico individualizzato all’interno del progetto terapeutico.